essere testimone
I progetti fotografici, sia a breve che a lungo termine, rappresentano per me un’opportunità fondamentale per esprimere la mia visione e raccontare le storie che mi colpiscono, secondo il mio ritmo e con il mio sguardo unico. Ogni progetto nasce sempre da un interesse personale, da una curiosità o da un tema che mi sta particolarmente a cuore. Realizzo questi lavori sia in qualità di freelance, seguendo le mie intuizioni e passioni, sia collaborando con associazioni e istituzioni che condividono i miei stessi valori e obiettivi.
THE ILLEGAL COOK
TESTO
Ai confini di un’Europa attraversata da cambiamenti e affacciata su un mondo dilaniato da conflitti e disastri, una massa di persone preme per condividere una relativa pace e garanzia di diritti. Le persone diventano clandestine soprattutto per disperazione, colpevoli di essere nate nel luogo sbagliato. Tuttavia, dietro al dolore e alla disperazione c’è anche la speranza, la ricerca della libertà e della dignità. Il cibo incarna l’essenza della casa, della sopravvivenza, della cultura, della comunicazione e della comunità. Sui confini d’Europa, procurarsi e preparare il cibo diventa una lotta continua. Tuttavia, condividerlo rimane una delle poche fonti di gioia in queste circostanze. Il cibo rappresenta un’affermazione dell’autodeterminazione e serve come tramite per la cultura, é un mezzo per condividere storie nelle intersezioni tra migrazione e solidarietà. Il progetto è stato realizzato come output del progetto di ricerca dell’Università di Genova – Dipartimento di Scienze della Formazione con la collaborazione di Laboratorio di Sociologia Visuale (Università di Genova) : “SolRoutes – A scientific initiative on/for border abolitionism” finanziato dall’Unione Europea (ERC, SOLROUTES, 101053836).
LINK
https://www.solroutes.eu/project
https://wp.solroutes.eu/wp-content/uploads/Bulgaria_Caravan_report.pdf
nero – about a stage
TESTO
Nero, colore dominante del palco, delle attrezzature e dei bauli. Nero, l’abito distintivo di chi lavora nell’ombra, dietro le quinte, per far brillare i protagonisti in scena. Questo progetto fotografico, nato nell’estate del 2022, testimonia la ripresa della musica dal vivo dopo la pandemia, quando l’assenza di reti di sicurezza per i lavoratori ha causato una dispersione professionale del 21%.
La Fondazione Centro Studi Doc ha condotto una ricerca, tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022, sull’impatto della crisi. Nonostante il 78% abbia ripreso a lavorare, il 21,7% dei tecnici non è più impiegato nel settore: il 10,3% cerca lavoro e l’11,4% ha abbandonato definitivamente. La ripartenza è stata rapida, con un incremento del 40% rispetto al 2019 nella prima metà del 2022. Il “Global Music Report 2022” dell’IFPI mostra una crescita stabile dell’industria musicale, con il mercato italiano decimo al mondo. Tuttavia, i professionisti che rendono possibile tutto ciò hanno tutele minime in un mercato in mutamento. Questo progetto, realizzato grazie a Rete Doc, Doc Creativity e Doc Servizi, con la collaborazione di Icompany, racconta di come ogni palco sia un capolavoro realizzato dalle abili mani di questi professionisti, che con dedizione e maestria trasformano ferro, cavi e bauli in un luogo dove la magia della musica prende forma.
DIDASCALIE
- Padova, luglio2022. Dettaglio del palco dello Sherwood Festival.
- Giochi di luce sul pubblico dell’Arena di Verona. Verona, 27 luglio 2022.
- Roma, 1 Maggio 2023, il palco girevole del Concertone del Primo Maggio a Piazza San Giovanni durante un cambio di scena. Due artisti, due band, due set di tecnici coordinati.
- Arena di Verona, 26 luglio 2022. Nel cuore della notte, Mauro, rigger e caposquadra, osserva i suoi ragazzi che, a oltre dieci metri sopra di lui, montano l’attrezzatura per la Space Roof. Nonostante la pioggia, i tempi sono stretti e il lavoro non può fermarsi.
- Arena di Verona, 28 luglio 2022. Mentre gli spettatori ancora stanno lasciando l’Arena alla fine dello spettacolo, Zack, rigger, si sistema l’imbrago per iniziare lo smontaggio dell’allestimento. I riggers nello spettacolo si occupano dell’installazione in quota del materiale illuminotecnico e audio.
- Teatro degli Arcimboldi, Milano, settembre 2022. Uno stage hand attende dietro le quinte il momento giusto per movimentare delle scenografie mentre alcuni ballerini attendono di entrare in scena durante una replica dello spettacolo “Notre Dame de Paris”
- Nel backstage del Concertone del Primo Maggio a Roma. Le 10 ore di diretta iniziano a farsi sentire. Roma, 1 maggio 2023.
- Jarno, scaffholder, mostra le mani durante la pausa pranzo di uno smontaggio. I guanti sono validi sistemi di protezione individuale, a volte però, mi raccontano i ragazzi, possono non garantire una presa ottimale, in quei casi, molti preferiscono “sentire il ferro sotto le mani” ed essere sicuri di garantire prima la sicurezza altrui. Torino novembre 2022.
- Le mani di Gaia, che per il service video si occupa del montaggio di carrelli e dolly per le riprese del Concertone del Primo Maggio a Roma.
- Un momento dello spettacolo “Notre Dame de Paris” in scena al Teatro degli Arcimboldi a Milano, settembre 2022.
- Alla fine di una giornata di lavoro in altezza, Valentina, rigger, si toglie una scheggia di ferro entrata nella mano nonostante i guanti. Luglio 2023.
- Arena di Verona, smontaggio di una roof top, 5:26 del 28 luglio 2022. I cantieri di palchi ed eventi lavorano h24 per rispettare le tempistiche.
- Arena di Verona, 25 luglio 2022, Un flycase contenente uno dei motori per le antenne della Space Roof.
- Alcuni facchini push-pull in attesa di indicazioni, Arena di Verona, luglio2022.
- Rosario, Sebastiano e Simone al lavoro durante lo smontaggio di un palco . Come danzatori del ferro, i loro movimenti sono velocissimi e coordinati mentre la struttura, ormai non più integra, inizia a oscillare sotto i loro piedi. Luglio 2022.
- Due riggers mentre si arrampicano sulle antenne della Space Roof per potervi assicurare i motori che isseranno la struttura. Arena di Verona, 25 luglio 2022.
LINK
moldova in waiting
TESTO
Nell’arena internazionale che l’aggressione russa all’Ucraina ci porta a osservare, la Moldavia è uno dei territori che vale la pena comprendere meglio. Ex Repubblica Socialista Sovietica, è uno dei paesi più poveri d’Europa, senza sbocco sul mare tra Ucraina e Romania. Un paesaggio pianeggiante e rurale di vigneti e piccoli villaggi e una capitale che guarda a ovest: Chisinau. Un paese con 2,5 milioni di abitanti che, secondo i dati dell’UNHCR, dall’inizio dell’aggressione russa ha già accolto oltre 700.000 rifugiati. Arrivano principalmente al confine meridionale di Palanca, che dista solo un’ora di macchina da Odessa, dove vengono rapidamente smistati verso la capitale o altre città europee. Sebbene il transito di queste persone sia accelerato dall’intervento di molte ONG e istituzioni, e solo pochi rifugiati rimangano, lo sforzo per il paese è enorme, e la reazione umanitaria è guidata dalla paura di essere i prossimi.
I moldavi hanno aperto le loro case e partecipano attivamente nel sostenere i rifugiati, ma sono preoccupati e consapevoli di vivere in un paese debole, che avrebbe pochi mezzi per difendersi da un possibile attacco della Russia.
DIDASCALIE
- Chisinau, Moldavia, 18 marzo 2022. L’Hotel “Național” faceva parte della catena alberghiera sovietica “Intourist” fino al 1992. La facciata è stata dipinta con la bandiera e le parole “NO WAR” poco dopo l’inizio dell’aggressione russa all’Ucraina.
- Saiti, Moldavia, 19 marzo 2022. Alexei, Marina e i loro sei figli sono una famiglia di rifugiati ucraini che hanno trovato ospitalità nella casa di Vicislav, un contadino moldavo.
- Saiti, Moldavia, 19 marzo 2022. Vicislav condivide con noi e i rifugiati del cibo fatto in casa.
- Saiti, Moldavia, 19 marzo 2022. Ivon prepara la sua stanza dopo che i suoi ospiti sono sistemati per la notte. Vive da solo nella casa che ha costruito, mentre sua moglie lavora a Tel Aviv come domestica. Dall’inizio del conflitto Ivon ha ospitato più di 20 rifugiati.
- Palanca, Moldavia, 19 marzo 2022. Una donna ucraina guarda fuori dal bus in partenza per Bucarest, Romania.
- Palanca, Moldavia, 19 marzo 2022. Il campo allestito dalle autorità moldave vicino al confine di Palanca è vuoto al momento della mia visita. Il flusso di rifugiati ha raggiunto il picco nelle prime settimane del conflitto, ma poi è diminuito drasticamente, con un flusso di ritorno verso le aree abbandonate dagli eserciti russi.
- Chisinau, Moldavia, 18 marzo 2022. Tutti i rifugiati rom provenienti dagli insediamenti vicino al confine nord tra Ucraina e Moldova sono stati ospitati nel Centro Sportivo Pubblico di Chisinau.
- Chisinau, Moldavia, 18 marzo 2022. Il Centro Espositivo Internazionale MoldExpo, già utilizzato come centro Covid-19, è stato riconvertito in centro per rifugiati, dove il Programma Alimentare Mondiale, l’UNHCR e l’OIM collaborano con le autorità locali per fornire aiuti urgenti ai rifugiati.
- Chisinau, Moldavia, 18 marzo 2022. Con la pandemia che si attenua, la minaccia di un’aggressione militare arriva al Moldexpo, ora centro per rifugiati. I box usati durante la pandemia garantiscono un po’ di privacy.
- Tudora, Moldova, 19 marzo 2022. Il fiume Dniester a Tudora, vicino al confine sud-est. Dall’altra parte, l’Ucraina. Lo stesso fiume, più a nord, segna il confine tra la Moldova e lo stato separatista filo-russo non riconosciuto della Transnistria, dove l’ingresso a giornalisti e fotografi è vietato.
SNAPSHOT OF AN EXODUS
TESTO
Il 24 febbraio 2022, le Forze Armate della Federazione Russa hanno invaso il territorio ucraino, segnando una netta escalation del conflitto russo-ucraino in corso dal 2014. Questo ha generato il più grande e rapido esodo che l’Europa abbia visto dalla guerra nei Balcani e dalla Seconda Guerra Mondiale. Oltre 5 milioni di persone hanno lasciato l’Ucraina nel primo mese, 2 milioni solo nelle prime due settimane, secondo l’UNHCR.
Per questo, abbiamo attraversato 4 paesi in 4 giorni, percorrendo 1.600 km per ottenere un’istantanea, osservando la reazione dei paesi dell’UE e la risposta umanitaria. Polonia, Ungheria, Slovacchia e Romania sono stati i primi coinvolti: paesi che negli ultimi anni non si erano distinti per l’accoglienza dei rifugiati di altre guerre. Ma questa volta, la reazione umanitaria è stata incredibilmente rapida e ben organizzata. L’opinione pubblica era unita nel sostenerli.
Questi rifugiati, infatti, non sono come altri rifugiati. Passano i confini ai posti di blocco regolari, perché nessuno ha deciso che i loro passaporti non sono più validi. Indossano ancora i loro vestiti, che hanno scelto e che li rappresentano. Sembrano ancora come noi, e le poche cose che sono riusciti a portare con sé sono come le nostre cose. Dettagli di moda, vestiti, oggetti, animali domestici. Non sono stati privati di ciò che li definisce come parte della nostra cultura globalizzata, non sono stati privati della loro dignità o autodeterminazione. Sono ancora umani, come noi. Ci mettono di fronte all’idea che questo possa davvero accadere a chiunque,
Questi rifugiati, infatti, non sono come gli altri rifugiati. Passano i confini ai posti di blocco regolari, perché nessuno ha deciso che i loro passaporti non sono più validi. Indossano ancora i loro vestiti, che hanno scelto e che li rappresentano. Sembrano ancora come noi, e le poche cose che sono riusciti a portare con sé sono come le nostre cose. Dettagli di moda, vestiti, oggetti, animali domestici. Non sono stati privati di ciò che li definisce come parte della nostra cultura globalizzata, non sono stati privati della loro dignità o autodeterminazione. Sono ancora umani, come noi. Ci mettono di fronte all’idea che questo possa davvero accadere a chiunque, così che la risposta empatica della popolazione europea, intorpidita dalla deriva nazionalistica, si rivela intatta nella paura.
DIDASCALIE
- Stazione di Zahony, Ungheria, 3 Marzo 2022.
- Some Ukranian refugees are seen at the train station of Zahoney, Hungary, waiting to be moved to a shelter, March 3rd 2022.
- Medyka checkpoint, Poland, 2nd March 2022.
- Arrivi alla stazione di Zahony, Ungheria, 3 Marzo 2022.
- Un’associazione umanitaria Israeliana a disposizione per aiuto nei trasferimenti (Alya) verso Israele dei degli ebrei ucraini rifugiati. Sighetu Marmatiei, Romania, 28 febbraio 2022.
- Il proprietario di un food truck offre cibo al checkpoint di Sighetu Marmatiei, Romania, 3 marzo 2022.
- Stazione dei bus di Przemyśl, Polonia, 2 marzo 2022. Dallo shopping alle donazioni. Alcune rifugiate scelgono tra le pile di abiti donati che in pochissimi giorni sono stati riversati nella cittadina. Una risposta solidale incredibile.
- Dal momento che per gli uomini è vietato lasciare il paese, la maggior parte dei rifugiati sono donne e bambini. Stazione ferroviaria di
Przemyśl, Polonia, 2 marzo 2022. - Volontari indipendenti offrono passaggi gratuiti verso destinazioni nell’UE. La mancanza di controlli alle frontiere potrebbe esporre donne e bambini a pericoli, afferma l’UNHCR. Przemyśl, Polonia, 2 marzo 2022.
- Il ponte sul fiume Tisza, tra il villaggio ucraino di Solotwyno e Sighetu Marmației in Romania, 28 febbraio 2022.
- “Per voi che siete periti in questa guerra ingiusta! Luce eterna!” Frontiera di Sighetu Marmației, Romania, 2 marzo 2022.
LINK
https://www.meltingpot.org/2022/03/tre-redattori-di-melting-pot-al-confine-tra-romania-e-ucraina
https://www.meltingpot.org/2022/03/istantanea-di-un-esodo-la-solidarieta
a little fresh loophole
TESTO
Genova, 2 giugno 2020.
Festa della Repubblica.
Alla fine dei primi due lockdown, le amministrazioni locali hanno dovuto regolamentare gli aspetti più specifici dell’equilibrio tra la diffusione del Covid-19 e il recupero della libertà. In Liguria, e in particolare nella città metropolitana di Genova, gran parte della vita sociale si svolge in riva al mare. Ma, all’inizio dell’estate, le persone hanno scoperto che le poche spiagge libere erano state frazionate, recintate e controllate dalla Polizia Locale che, con l’aiuto di abbondante crema solare, manteneva le distanze sociali sotto gli ombrelloni. Su tutte le spiagge sono apparse buste di plastica riempite di sabbia con numeri rossi per separare (anche idealmente) le persone l’una dall’altra – molte soluzioni erano state discusse: fossati, recinzioni, scatole di plexiglass… È stata sviluppata e scaricata un’app per monitorare, controllare e prenotare il proprio posto sicuro sotto il sole.
Tuttavia, l’ordinanza locale ha dimenticato di menzionare le scogliere, offrendo così alle persone, e in particolare ai giovani più assetati di libertà, la scappatoia perfetta e la possibilità di tornare a socializzare, divertirsi e immergersi in quel senso di libertà che solo il mare può dare. Anche se sotto lo sguardo vigile, ma impotente, di questi occhiali da sole.
DIDASCALIE
- Genova, giugno 2020. La spiaggia libera nel quartiere popolare di Voltri, chiamata anche “la fognazza”. Vicina ai terminal petroliferi ed ai cantieri navali di Fincantieri. Il porto di Genova è uno dei più importanti porti marittimi d’Italia.
- Genova, la spiaggia libera Barracuda, vicina alla sede della Lega Navale Italiana nel quartiere di Quinto al Mare, giugno 2020.
- Genova, i sacchi riempiti di arenile utilizzati dalla protezione civile per porzionare le spiagge in base alla distanza sociale imposta dall’epidemia di Covid-19
- Genova, giugno 2020. Spiaggia libera “San Giuliano” lungo la passeggiata a mare di Corso Italia, nel quartiere di Albaro.
- Data la scarsissima quantità di spiagge libere non è strano che le persone si fermino a prendere il sole su terrazze, scogliere e moli . Genova, giugno 2020.
- Ora dedicato a Gianluca Vialli, il “Molo dell’amicizia” copre la scogliera che protegge la piccola spiaggia libera annessa ai giardini pubblici del quartiere di Quinto. Genova, 2 Giugno 2020.
- Dopo mesi di restrizioni, il piccolo gruppo di ragazzi che si tuffa dal molo sembra e viene percepito come una folla. Genova, 2 Giugno 2020.
- Consapevoli del fatto che le presenze sulle scogliere non sono state contingentate nè regolamente, molte persone si sono riversate proprio in questi spazi. Il molo diventa così il luogo perfetto perché i ragazzi possano sfogare i mesi di restrizioni tuffandosi, sponandosi, aiutandosi a vicenda. Genova, 2 giugno 2020.
- La città metropolitana di Genova copre un’area di 240,29 km², con circa 40 km di costa. Le forze di polizia locale non erano sufficienti, quindi appaltatori privati, volontari, servizio civile e l’associazione dei poliziotti e carabinieri in pensione sono stati coinvolti nella sfida di unire le forze e controllare tutte le spiagge. Genova, giugno 2020.
bosnia WITH BLOOD
TESTO
Bihać e Velika Kladuša, Bosnia, Cantone di Una-Sana.
Un paesaggio mozzafiato, verdeggiante e apparentemente perfetto, con foreste e azzurro di cieli e fiumi incontaminati. Guardando con maggiore attenzione rivela però anche la memoria di una guerra recente, un passato macchiato di sangue e quotidianamente silenziato. Ed oggi queste due città di confine si trovano al centro di una nuova violenza: quella tra l’UE e i migranti.
Da quando Orbán ha costruito i suoi muri e da quando è stato stipulato l’accordo UE-Turchia nel 2016, la Bosnia è diventata una tappa obbligata per migliaia di persone in fuga a piedi dal Medio Oriente, dal Sud-est asiatico e dal Nord Africa per raggiungere l’Europa e chiedere asilo. Il governo bosniaco e l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) hanno stimato che nel 2019 oltre 29.000 migranti siano entrati illegalmente in Bosnia, mentre nel 2017 si erano registrate solo 1.500 entrate illegali.
“The Game”, lo chiamano.
L’attraversamento illegale, e talvolta letale, del confine: 60 km di foresta croata tra la frontiera bosniaca e l’area Schengen slovena, 240 km per raggiungere Trieste. Almeno dieci giorni di cammino nascosti nelle foreste minate, popolate da orsi, lupi e pattugliate dalle forze di polizia croate, slovene e italiane. In un paese diviso, ancora segnato dalla guerra, dove molti sognano la stessa Europa a cui aspirano i migranti, la tensione sociale è cresciuta rapidamente, portando all’ostilità.
Nei campi, per le strade, sulle montagne: i corpi dei migranti sono fuori luogo.
Non si integrano nel paesaggio, non sono benvenuti. Occupano spazio e sono visibili. Corpi che vogliono muoversi, ma sono costretti all’immobilità. Corpi feriti, deboli, stanchi. Corpi a cui viene negata la luce, e che lentamente diventano ombre.
Sono pakistani, iraniani, siriani, afghani e iracheni, nordafricani. Tutti riportano di essere stati respinti, picchiati e derubati dalla polizia croata; di aver subito violenze, umiliazioni e corruzione nei campi dell’OIM. Provano il Game decine di volte, mentre vivono in un limbo disperato che li porta alla follia. Corpi fuori posto, ombre, non più persone, che non possono tornare indietro, ma a cui non è concesso alcun mezzo legale per andare avanti, né opportunità per restare.
Il portfolio é una delle restituzioni del progetto di ricerca “MOBILITY OF MEMORY, MEMORY OF MOBILITY: Western Mediterranean crossings in the XX and XXI Centuries” diretto da Gabriele Proglio, finanziato dalla Fundação para a Ciência e a Tecnologia (2017-2023) e basato al CENTRE FOR SOCIAL STUDIES dell’Università di Coimbra. L’obiettivo del progetto di ricerca è di studiare la mobilità umana e le sue memorie nel Mediterraneo nel Ventesimo e nel Ventunesimo secolo, analizzando molteplici traiettorie: quelle nord-sud, quelle coloniali e postcoloniali, quelle tra Europa e Africa, quelle transnazionali e diasporiche.
DIDASCALIE
- Uno scorcio del parco sull’Una, nella zona centrale di Bihać, Cantone di Una- Sana. Bosnia-Erzegovina, maggio 2019.
- In una terra già devastata da una guerra tra famiglie e dalla sua memoria, lo sforzo nel comprendere il rifugiato esiste in potenza ma si sgretola nel constante senso d’abbandono da parte delle autorità. Bihać, maggio 2019.
- Il campo OIM di Bira sorge dentro una fabbrica di frigoriferi abbandonata e ha una capienza di circa 2000 persone. Al di fuori, troviamo un piccolo campo informale. Stando a quanto ci riferiscono, se arrivi a Bihac senza più nulla e non puoi pagare la sicurezza vieni lasciato fuori. Bihać, maggio 2019.
- All’interno tende e containers in uno spazio talmente vasto che la luce non arriva ad illuminare le persone che vagano nella penombra, private di scopo e umanità. Bihać, maggio 2019.
- Entrando nel campo di Bira il personale OIM ci fornisce guanti in lattice e mascherina, a rimarcare la differenza tra “noi” e “loro”. Scortati e con il divieto di fotografare le persone, le tende, la mensa, i container, la sezione per famiglie. Non ci lasciano stare più di due ore. Bihać, maggio 2019.
- La vita nei campi é scandita dall’attesa e dalle file. Per il pasto, per il medico, per il bagno, per le docce. Stanno in coda, aspettano, e sperano che ce ne sia per tutti. La sicurezza privata dovrebbe garantire l’ordine, ma raccogliamo molte le testimonianze di corruzione e violenze. Bihać, maggio 2019.
- Nel campo non ci sono finestre, i muri sono altissimi ed il rimbombo é costante. Una, due, cinque, dieci tende da campo con il marchio della Mezzaluna rossa turca. In ciascuna abitano fino a centocinquanta persone. Bihać, maggio 2019.
- La moschea nel campo può sembrare una gentilezza, ma la Bosnia é semplicemente un paese a maggioranza musulmano. Bihać, maggio 2019.
- All’interno dei campi, le persone si organizzano come possono, e tutti cercano di fare qualche soldo per poter proseguire il viaggio, sfruttando le capacità – come fare il barbiere – o tramite espedienti. Il loro status non é definito, in Bosnia, e non hanno la possibilità di lavorare nell’attesa di proseguire il viaggio. Campo di Miral, Velika Kladusha, 2019.
- Dettaglio di un muro nel campo di Miral. In questi luoghi di disperazione e morte, lasciare il segno del proprio passaggio, rappresenta la necessità umana di non essere dimenticati. Velika Kladusha, maggio 2019.
- Molti vogliono arrivare in Italia, ma quasi nessuno ha intenzione di restare. Una volta superato l’inferno, “l’Italia è il purgatorio” ci spiega H., ragazzo siriano che incontriamo di ritorno da un push back. Si trova in Bosnia da circa 8 mesi e questo era il suo diciottesimo tentativo. “L’ultima volta, la polizia croata mi ha preso nei pressi del confine sloveno. Camminavamo da 10 giorni. Ci hanno picchiato, spaccato i cellulari e rubato gli zaini. In due ore, eravamo di nuovo in Bosnia”. Sulla rotta balcanica che passa per la Bosnia e prosegue attraverso Croazia e Slovenia, la totalità dei migranti riferisce di essere stato picchiato e derubato dalle forze dell’ordine, e di essere stato respinto senza alcuna possibilità di chiedere asilo. Nel Luglio 2019, la presidente croata, Kolinda Grabar-Kitarović, ha ammesso l’uso della forza nella protezione dei confini europei, salvo poi smentire pochi giorni dopo.
- Lo studentato, mai terminato, di Borici sorge proprio sopra lo stadio di calcio del NK Jedinsvo e ospita famiglie e minori non accompagnati. Non mi viene permesso di portare la macchina fotografica all’interno. Bihać, maggio 2019.
- Un violento acquazzone spinge me e l’accompagnatore a cui sono stata “affidata” sotto una tettoia, mentre i bambini, incuranti dell’acqua e di tutto il resto, giocano a rincorrersi come se fossero rifugiati e polizia. Il gioco del Pushback. Bihać, maggio 2019.
- A poche settimane dalla nostra partenza, abbiamo avuto notizia che il campo di Miral è bruciato, lasciando centinaia di profughi senza un posto dove dormire. L’incendio, apparentemente causato da un fornello guasto, ha fatto sì che lo IOM prendesse misure precauzionali, quali sequestrare apparecchi elettronici potenzialmente pericolosi all’interno di tutti i campi. Velika Kladusha, 2019.
- Scegli l’amore. Sceglilo quando vieni respinto per la ventesima volta. Sceglilo quando realizzi di essere confinato fuori dai confini dell’UE. Ama i tuoi guardiani, te lo stanno ordinando. Ignora la guerra nella tua testa. Ignora il dolore nelle tue gambe. Scegli l’amore. Campo di Bira, maggio 2019.
- Ahmed, 16 anni, è fuggito dall’Iran da solo a 14 anni. Ripetutamente respinto e picchiato dalla polizia croata, aspetta la giusta occasione e dice: “I prigionieri sanno quando saranno liberi. Ma noi rifugiati, no.” Bihać, 2019.
- Ha 10 anni, ci guida all’interno del loro nascondiglio nella foresta tra Bosnia e Croazia. Un’intera generazione sta nascendo e crescendo profuga ed in fuga. I bambini, con le loro menti più elastiche, sono spesso quelli che fanno da interpreti ai genitori, che li guidano e gli danno la forza di proseguire. Sono bambini che crescono senza nulla, in fuga costante, vedendo i loro padri picchiati e le loro madri congelare nei boschi, respinti.
- I rifugi, le case abbandonate, gli stabili distrutti dalla guerra e mai ricostruiti, sono i luoghi dove migliaia di persone in fuga si trovano a nascondersi, come animali braccati.
- Sul sentiero che porta in Croazia sono miglialia gli oggetti non più utili che vengono abbandonati, come una scia che non serve a ritrovare la strada del ritorno. Croazia, 2019.
- Il viaggio attraverso la foresta é fitta di pericoli ed imprevisti. 240 Km a piedi, superando le forze dell’ordine ed i loro respingimenti, gli orsi ed i lupi, attraversando i fiumi impetuosi che scorrono attraverso queste terre, ancora segnate dalla guerra e cosparsi delle mine che altri uomini, in un passato troppo recente, hanno lasciato per ferire ed uccidere i loro simili.
- Nel paesaggio perfetto della foresta Croata, i corpi diventano invisibili e nascosti, ma è proprio dietro questa facciata che si consuma la tragedia di una generazione. Croazia, 2019.
LINK
https://www.doppiozero.com/bosnia-ultima-frontiera
https://www.erisedizioni.org/prodotto/bosnia-ultima-frontiera-rotta-balcanica-gabriele-proglio
https://www.strisciarossa.it/bosnia-al-confine-fotografato-da-pensare-migrante
the xx miles hotel
TESTO
“The XX Miles Hotel” è un progetto a lungo termine nato come forma di attivismo per sostenere i collettivi di volontari attivi al confine italo-francese. Esplora la realtà dei migranti bloccati a Ventimiglia attraverso un contrasto incisivo tra immagini e testi, offrendo uno sguardo sarcastico e critico sulla dura vita di chi attende di attraversare un confine interno all’Europa, chiuso nel 2015 dopo vari attacchi terroristici, tra cui quello del Bataclan. Il progetto copre il periodo dal 2018 al 2020, quando molte persone in transito sceglievano di rifiutare l’accoglienza ufficiale per vivere in un campo autogestito sulle rive del fiume Roja. Qui, sotto un viadotto autostradale, i volontari offrivano servizi essenziali come acqua potabile, cibo, vestiti e ricarica per i telefoni, l’unico contatto con la loro casa e i loro affetti. Nonostante le condizioni umanitarie estreme, il campo offriva ai migranti l’indipendenza di proseguire il viaggio e la dignità di prendere decisioni sulla propria vita. L’accoglienza diventa così un atto di resistenza e umanità in un contesto di esclusione e sorveglianza.
Benvenuti all’Hotel XXmiglia, la vostra destinazione ideale se state aspettando di attraversare il confine! Situato in una posizione strategica sulle rive del pittoresco fiume Roja, questo hotel minimalista, multifunzionale e autogestito vi offre un soggiorno che non dimenticherete facilmente.
All’Hotel XXmiglia, potrete iniziare la giornata con una “colazione energetica” presso la Caritas, per il pranzo potrete cimentarvi autonomamente nell’arte della cucina da campo, se sarete abbastanza abili da trovare gli ingredienti. Non preoccupatevi, la nostra cena è servita ogni sera* (*restrizioni applicabili secondo le leggi locali).
Godetevi la vista mozzafiato sul fiume e immergetevi nell’eleganza minimalista delle stanze comuni e private, progettate per offrire il massimo del comfort… per quanto possibile. Non dimenticate di partecipare al “laboratorio di arti e mestieri” dove potrete esprimere la vostra creatività, e abilità nel costruire l’hotel stesso. Per i momenti di relax, il nostro “centro benessere” e la lavanderia gratuita sono a vostra disposizione, anche se durante l’inverno potrebbe mancare il riscaldamento. E se siete in cerca di attività all’aperto, non perdete l’occasione di percorrere il “Sentiero della Morte”, un’esperienza unica che sfiderà non solo le vostre scarpe, ma anche la vostra determinazione.
I nostri ospiti provengono da tutto il mondo: famiglie, single, giovani donne e anziani, tutti uniti dalla speranza di attraversare il confine e continuare il loro viaggio. L’hotel è spesso frequentato da volontari internazionali, qui per rendere il vostro soggiorno il meno traumatico possibile, fornendovi informazioni e supporto 24 ore su 24.
L’Hotel XXmiglia è circondato da luoghi sicuri e ben sorvegliati, con una selezione accurata degli ingressi per garantire che ogni ospite viva un’esperienza indimenticabile. Speriamo che il vostro soggiorno sia piacevole e che possiate concludere il vostro viaggio in sicurezza… e che non dobbiate mai più tornare.
LINK
- https://www.lavoroculturale.org/sui-confini-deuropa-3-ventimiglia-specchietto-retrovisore/emanuela-zampa/2020/
- https://www.laboratoriosociologiavisuale.it/new/senza-categoria-it/ventimiglia-eufemia-i-sommersi-e-i-salvati-prosegue-il-tour-dellinstallazione-the-tour-of-the-exibition-continues/
- https://www.radiondadurto.org/2020/07/08/migranti-il-reportage-post-covid19-a-ventimiglia-di-emanuela-zampa/
- https://www.meltingpot.org/2020/07/ventimiglia-ovvero-il-paradosso-della-frontiera/
- https://www.meltingpot.org/2018/06/ventimiglia-hotel-miraponte-storie-di-accoglienza-alternativa-al-confine/
- https://www.meltingpot.org/2018/08/notte-di-mezza-estate-a-ventimiglia-aggiornamento-atipico-dal-confine/
- https://www.meltingpot.org/2018/11/ventimiglia-autunno-in-frontiera-emergenze/